Cappe e soffitti aspiranti sono uno dei punti qualificanti della sicurezza e dell’abitabilità del luogo di lavoro cucina. La loro “responsabilità” in materia è decisamente incisiva, perché da essi dipende la qualità dell’aria respirata da chi opera su fornelli, ma non solo: la modalità con cui una cappa acquisisce aria, la modalità con cui la filtra e la espelle, il ricambio e la gestione della velocità di aspirazione e di reimmissione dell’aria comportano altrettante variabili di gestione igienico sanitaria nello spazio della ristorazione.
Partiamo dall’assunto che l’aria aspirata dalle cappe non è semplice aria, ma è quella che prende il nome di fumane: Antonio Montanari, nel suo libro “Progettare la Ristorazione Professionale” recentemente pubblicato proprio nel nostro catalogo editoriale, le definisce in maniera molto tassativa, come “insieme di vapori, grassi, componenti incombusti emessi da attrezzature di cottura o banchi caldi, che devono essere raccolti dalle cappe e convogliati in copertura attraverso il camino e opportunamente filtrati se rimessi in libera circolazione nell’aria senza canna fumaria”.
E quali sono i problemi tecnologici che derivano da questo compito?
Sono di igiene sì, ma anche di comfort e di sicurezza. Vapori, grassi e componenti incombusti sono un problema se rimangono in circolazione nell’ambiente di preparazione del cibo, ma – una volta aspirati, da una cappa o da un controsoffitto, richiedono un trattamento. Anzi, un duplice trattamento: quello di purificazione, ai fini della respirabilità dell’aria interna, ma anche di sanificazione. Non dimentichiamo mai che le fumane e le eventuali incrostazioni di fumane sono un terreno di coltura per lo sviluppo di colonie di batteri. Senza dimenticare il potenziale infiammabile costituito dai grassi che finiscono nei canali di aspirazione.
Siamo così a determinare che la variabile più rilevante nello specifico è quella della filtrazione, una discriminante di primissimo piano. Ambienti in cui sono applicati sistemi di filtrazione avanzati anche se ormai “comuni” come quelli elettrostatici hanno caratteristiche tecniche di maggiore “affidabilità”, ma apriamo anche il campo ad un altro terreno, cioè quello manutentivo. La pulizia dei filtri è di per sé un’operazione necessaria in qualsiasi sistema di controllo della ventilazione, ma ancor di più in questi, destinati appunto alla rimozione di elementi di danno ambientale e igienico.
Qui subentra un principio progettuale dello specifico prodotto, cappa o controsoffitto che sia: al di là della scelta pressoché obbligatoria di materiali in grado di non essere intaccati dalle fumane, essi devono essere concepiti secondo principi ergonomici e di usabilità massimi, per rendere accessibili gli elementi costitutivi (in particolare appunto i filtri, ma non solo) e configurare la migliore facilità di manutenzione possibile. Ma in questo l’industria è sicuramente capace, grazie anche alla modularizzazione degli elementi, di fornire un supporto utile a progettisti e installatori.
La domanda che sorge però spontanea è relativa al livello di consapevolezza che si ha in sede progettuale, installativa, di utilizzo e manutenzione di queste problematiche sicuramente rilevanti in sede teorica e di prodotto, ma – come spesso accade – non così scontate sul campo.
“Il problema è duplice: diciamo che è intrinseco ed estrinseco al prodotto – ci dice Alessio Decina, progettista in Giubilesi & Associati – l’innovazione tecnologica è stata possente sul fronte dei motori di aspirazione, dei sistemi di filtraggio, mentre ha pressoché ignorato aspetti come quelli dell’ergonomia che fanno del prodotto cappa un prodotto usabile e manutenibile facilmente. Una questione non da poco, perché frequente pulizia e frequente manutenzione sono due elementi qualificanti di una cappa aspirante che funziona in modo efficace ed efficiente. C’è ancora molto da fare su questo fronte, per evitare soprattutto che si cada nell’equivoco che una buona cappa ben installata sia la soluzione al problema delle fumane.”
Ma la tecnologia ha fatto passi comunque importanti, in particolare nella filtrazione.
“E qui arriviamo alla dimensione “estrinseca” del problema, che è tutt’altro che banale: la tecnologia ha prodotto soluzioni come filtri a carboni diventati ormai un default, filtri all’ozono, più costosi ma anche più efficaci, ma ancora una volta è successa una cosa che ci dice che la cappa viene vista spesso come un elettrodomestico, che una volta installato deve funzionare per sempre. I filtri a carboni attivi sono il classico esempio: impianti con filtri di questo tipo sono meno costosi di altri dotati di sistemi di filtrazione diversi, ma spesso vengono scelti per il loro minor costo iniziale senza contare quanti cambi filtro e quindi quali costi sono necessari per mantenere il sistema filtrante in condizioni di funzionamento corretto.”