Antonio Montanari torna a mettere ordine nel metodo progettuale con un nuovo libro, “Progettare la ristorazione professionale”, a quindici anni di distanza dal suo Mangiare fuori che aveva costituito lo stato dell’arte di inizio Millennio, oggi superato dall’evoluzione rapidissima di tecnologie e stili.
Il nuovo libro si appresta a diventare un testo di riferimento per il mondo dell’Ho.Re.Ca., grazie anche ai contributi di Massimo Giubilesi, Presidente di FCSI Italia e Paolo Corvo, docente all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
“Testi del genere mancano sul panorama, perché si tende a scambiare la progettazione per un fatto “tecnico” riducibile a disegni in pianta e volumi, quando invece essa è molto di più: è integrazione di tutte quelle competenze alimentari, tecnologiche, igieniche, normative, logistiche, di design, di organizzazione del lavoro, ambientali, economiche e di marketing che fanno di un ristorante un’attività imprenditoriale remunerativa.”
Un assunto impegnativo, per certi versi
“L’impegno deriva dal fatto che per progettare correttamente non basta una delle competenze che abbiamo elencato e purtroppo non basta nemmeno possederle tutte: è necessario integrarle, renderle sinergiche e metterle a valore nell’ottica e nella logica di un lavoro che non si ferma al menu o all’allestimento o alla razionalizzazione degli approvvigionamenti. Un ristorante, un centro cottura, un sistema di catering per voli aerei o una mensa ospedaliera richiedono di essere pensati nella loro specificità organizzando tutto il lavoro dalla consegna delle merci all’erogazione del pasto fino allo smaltimento dei rifiuti.”
Avete voluto dare ordine ad una materia disarticolata, in sostanza
“Abbiamo voluto dire scrivendo questo libro che deve esistere una logica complessiva del sistema di ristorazione che viene realizzato e che questa logica deve sottostare a una serie di passaggi che sono quelli della tradizionale preparazione di un pasto: la definizione dei destinatari del pasto, del loro numero, delle loro esigenze o preferenze, la scelta del menu, l’approvvigionamento, lo stoccaggio delle materie prime, le attrezzature necessarie per realizzare il pasto, la modalità con cui questo viene servito o distribuito, la gestione di quel che succede durante il pasto e dopo, lo sbarazzo, la gestione dei rifiuti e dello spazio dopo il pasto. Una sequenza semplice, che deve essere tenuta presente nella sua interezza ogni volta che ci si sperimenta nel pensare un’attività di ristorazione.”
Ma questa sensibilità “olistica” è così latitante?
“Più che latitante è davvero assente: serve un approccio scientifico a questa materia, che oggi è presidiata spesso da chi ne conosce solo un pezzo e “pretende” di governarla per intero. In realtà nessuna delle discipline che elencavamo prima è nel diritto di prevalere sulle altre, così come lo chef o il direttore di una struttura non ha il ruolo di re incontrastato della ristorazione: il suo successo dipende dalla collaborazione di un team così articolato e complesso la cui assenza o carenza metterebbe a rischio la qualità di un ristorante stellato o di un efficientissimo centro cottura. Una specie di sistema di cast e troupe che il regista – il progettista appunto – coordina per dare vita al prodotto ristorazione.”
Un testo “necessario”, quindi.
“Progettare la ristorazione professionale è un libro pensato per “servire”: agli studenti che lo useranno in università, a chi avvia un’attività in questo settore, ai responsabili di unità operative nelle grandi società di ristorazione, a chi ha compiti e ruoli nella filiera. Vuole essere un invito a ragionare insieme, in maniera collaborativa, per creare una ristorazione sostenibile, nella piena sintesi della triade vitruviana dell’architettura con la triade impostata da Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e autore della prefazione, sul fronte del cibo, che deve essere buono giusto e pulito.”